Il corridoio lapidario

Lapidi, stemmi, elementi architettonici sono il percorso di ingresso per l'Aula del Nuti

Il percorso che conduce all'aula quattrocentesca realizzata da Matteo Nuti comprende un lungo corridoio, di epoca più recente, costellato da epigrafi e reperti incastonati nei muri. Sono lapidi provenienti dalla chiesa di San Francesco, dal palazzo comunale o da altri luoghi, che giunsero nell'area malatestiana nel XVIII secolo, al termine delle spoliazioni napoleoniche.
Alla fine dell'800 il direttore della Malatestiana, Adriano Loli Piccolomini, provvide a riordinarli nel chiostro di San Francesco, ponendo sul muro stemmi e capitelli e lasciando a terra gli elementi architettonici. Alcune fotografie di Agostino Lelli Mami sono una preziosa documentazione di questo primo assetto del Museo Lapidario sotto il porticato del chiostro.

Nel 1921 il nuovo direttore, Manlio Torquato Dazzi, decide di dare ai reperti una nuova sistemazione per salvaguardarli dall'umidità e dai danni dovuti alla loro esposizione al pubblico. Nasce così il lapidario come è ancora oggi visibile e che oltre ai reperti già esposti nel chiostro ne comprende altri provenienti dal deposito comunale e dalle soffitte della Malatestiana.

 

Il percorso espositivo inizia già sullo scalone che conduce al primo piano, dove trovano posto anfore romane nonchè l'iscrizione per l'inaugurazione della biblioteca e lo stemma malatestiano della torre di San Giorgio. Qui trovavano posto anche altri reperti preistorici e romani che vennero in seguito trasferiti nel Museo Archeologico.

 

Il corridoio ora è sostanzialmente inalterato e conserva l'ordinamento ricevuto da Dazzi, anche se alcuni pezzi sono stati talvolta spostati per motivi funzionali. Qui sotto alcune immagini di uno degli ultimi lavori di restauro del corridoio, che hanno comportato la rimozione e la nuova messa a dimora di alcune lapidi.

Una delle tante fasi di modifica del corridoio lapidario con lo spostamento o l'aggiunta di reperti.

Iscrizione di Cesare Montalti per l'inaugurazione della biblioteca.

 

Nell'anno 1806, in cui, sottomessa la Prussia, liberata la Polonia dalla servitù e sbaragliate le milizie degli Sciti presso la Vistola, Napoleone I, Imperatore delle Gallie, Re d'Italia, felice Augusto liberatore, con fiorentissima bellica lode di gran lunga lui solo superò i comandanti, per quelle qualità per cui diventarono famosi in tempi passati, sapienza, valore, destrezza, il senato e il popolo cesenate qui collocò la patria biblioteca fatiscente per incuria e squallore ed ora, raccolto il denaro, rimessa nel luogo più splendido per arte e cura, essendo adempiuto un voto comune.

 

I seviri curatori del governo Filippo Mariani fisico, Demetrio Bellatti, Tiberio Fantaguzzi, Giuseppe Amaduzzi, giovanni Angelo Serra, Costantino Guidi.

Stemma dei Malatesti. Attribuibile ai primi due decenni del sec. XV, lo stemma con il cimiero sormontato da un elefante alato è in pietra locale, di aspetto arcaico ed è riferibile ad Andrea Malatesta. Proviene dal castello di San Giorgio e si trovava sulla parete settentrionale della torre, particolarmente esposta agli agenti atmosferici. Nonostante l'evidente corrosione, conserva tracce di colore. 

Parte dell'originario cornicione della biblioteca Malatestiana. Elegante, in terracotta probabilmente policroma, è di piccolissimo aggetto.

Lo stemma più antico dei Malatesti è quello dello scudo, sul quale è dipinta una coppia opposta di tre teste maschili su sfondo verde, che si alterna ad una coppia di quadrati rossi e oro.

Maschera del fontanone di piazza. Demolito nel 1924, il fontanone era destinato ai quadrupedi e si trovava nella piazza del popolo, allora piazza Vittorio Emanuele II